IL TRIBUNALE

    Accogliendo la sollecitazione del pubblico ministero,

                            O s s e r v a

    In  ordine  alla rilevanza della questione per la definizione del
processo  basti  osservare  che dal decreto che dispone il giudizio e
dalla  richiesta di prova formulate dal pubblico ministero, si evince
che  la  responsabilita'  dell'imputato,  Salafia  Gaetano,  non puo'
essere   valutata   prescindendo   dalle   dichiarazioni  accusatorie
formulate  in  fase  di  indagine  preliminare  dal Pinto Sebastiano.
Queste  dichiarazioni non possono entrare nel dibattimento, posto che
il  Pinto  Sebastiano si e' avvalso della facolta' di non rispondere.
Non  risultano,  poi,  elementi  da  cui  desumere la sussistenza dei
presupposti    ex    art. 111,   sesto   comma,   Costituzione,   per
l'acquisizione dei verbali utilizzati per le contestazioni. Ossia per
la  formazione  della  prova  in  deroga  al  principio del confronto
dialettico,   consenso   dell'imputato,   impossibilita'   di  natura
oggettiva, provata condotta illecita.
Il  Collegio  ritiene  che  il principio di formazione della prova in
contraddittorio  di  cui  al  quinto comma dell'art. 111 Costituzione
comporta   la   non   manifesta   infondatezza   della  questione  di
costituzionalita',  non soltanto del meccanismo dettato dall'art. 513
Codice di procedura penale ma piu' in generale dell'intero sistema di
assunzione  della  prova  per  cio'  che concerne le dichiarazioni di
persone  esaminate, ai sensi dell'art. 210 codice di procedura penale
sotto il profilo della previsione della facolta' di non rispondere in
ordine a circostanze concernenti la responsabilita' di altri.
    La  Corte  costituzionale, con la sentenza n. 361 del 1998, aveva
individuato nel meccanismo delle contestazioni ai sensi dell'art. 500
codice  procedura  penale  il  sistema  con  il quale contemperare il
principio   del   diritto   di   difesa   (art. 24)   con  quelli  di
ragionevolezza   (art. 3)   di   obbligatorieta'  dell'azione  penale
(art. 112  Costituzione)  e  conseguentemente  di conservazione della
prova.  Tale assetto di composizione dei diversi principi risulta ora
superato  dall'introduzione  di  specificazioni  circa la garanzia di
formazione  in contraddittorio della prova fissata dal nuovo art. 111
con l'esplicita vanificazione, quanto all'efficacia probatoria, delle
dichiarazioni  gia' rese nelle indagini preliminari da chi si sottrae
volontariamente   al   contraddittorio   mediante  l'esercizio  della
facolta'  di non rispondere. Secondo il parere del tribunale le nuove
regole fissate dall'art. 111 Costituzione impongono una revisione dei
confini tra il diritto alla formazione in contraddittorio della prova
ed  il  diritto al silenzio del dichiarante erga alios, nel senso che
alla  maggiore  espansione  ed  alla  piu'  intensa  tutela del primo
corrisponde inevitabilmente la riduzione dell'area costituzionalmente
protetta riguardante l'esercizio della facolta' di non rispondere.
    Alla   luce  della  nuova  composizione  delle  diverse  garanzie
fondamentali  scaturita  dalle  innovazioni  introdotte  con la legge
costituzionale 23 novembre 1999, n. 2 si rivela contraria al precetto
costituzionale del diritto al contraddittorio, come tale suscettibile
di  ristrettissime esclusioni espressamente individuate dall'art. 111
stesso,  la  previsione  della  facolta'  di  non rispondere prevista
dall'art.  210 c.p.p. quanto alle dichiarazioni che un imputato renda
su  fatti  concernenti  la  responsabilita' di altri. In altre parole
confligge  con  siffatta  ridisegnazione  del principio del confronto
dialettico  in dibattimento la previsione della legge ordinaria circa
la  facolta'  dell'imputato di non rispondere per quanto attiene alle
dichiarazioni  accusatorie  nei  confronti  di  altri soggetti. Ferma
restando  l'intangibilita'  del diritto al silenzio dell'imputato fin
dall'inizio  delle indagini preliminari, va posto in evidenza che per
effetto  della  nuova  composizione  creatasi tra le diverse garanzie
costituzionali  l'eventuale  scelta di rendere dichiarazioni su fatto
che   implica   la  responsabilita'  altrui  ha  ormai  acquisito  la
connotazione  dell'irrevocabilita', posto che le dichiarazioni stesse
spiegano,  nei  confronti  dell'accusato,  effetti di rilevanza tanto
grande  nella  fase  predibattimentale  da  portare,  in alcuni casi,
persino  alla limitazione della liberta' personale in ottemperanza al
principio,  anch'esso costituzionalmente protetto, di esercizio della
giurisdizione  penale. Una volta intrapresa la via della formulazione
di   dichiarazioni   coinvolgenti   la   responsabilita'   di  altri,
l'esercizio successivo del diritto al silenzio da parte della persona
sottoposta ad esame, anche al sensi dell'art. 210 c.p.p., finisce per
scontrarsi con il diritto dell'accusato al confronto dialettico nella
formazione della prova, ormai assunto a regola costituzionale.
    La concorrenza tra le due predette contrapposte articolazioni del
diritto  di difesa puo' essere composta solo affermando l'intervenuta
compressione,  per  effetto  della introduzione delle nuove regole ex
art. 111  Costituzione, dello spazio costituzionalmente garantito del
diritto  al  silenzio  che non puo' piu' includere la facolta' di non
rispondere  per  il  dichiarante  erga  alios.  La contraria opinione
implicherebbe   l'irragionevole   ed   inaccettabile  sacrificio  dei
principi  del  libero  convincimento del giudice della irrinunciabile
funzione   conoscitiva   del  processo,  dell'indefettibilita'  della
giurisdizione e della obbligatorieta' dell'azione penale.
    Da  ultimo  va  notato che lo stesso tenore letterale delle nuove
norme  costituzionali (quarto comma dell'art. 111 Costituzione) nella
parte  in cui esse definiscono come sottrazione al contraddittorio la
volonta'  di  non  rispondere,  sembrano  connotare  di  disvalore la
mancanza   di   coerenza   nel  proposito  di  rendere  dichiarazioni
accusatorie nei confronti di altre persone, implicitamente ponendo il
precetto  dell'obbligo  giuridico  di  rispondere  per chi, una volta
operata   la   scelta   di   raccontare   fatti  che  coinvolgono  la
responsabilita'  di  altri,  rifiuti di sottoporsi al contraddittorio
per  motivi diversi da quelli enunciati dal sesto comma dell'art. 111
Costituzione  e  dunque  persino per ragioni non meritevoli di essere
tutelate dall'ordinamento.